L’Italia, il Governo Monti, l’Europa
Si avvia alla conclusione l’iter parlamentare di revisione del Decreto “Salva Italia”. Non dovrebbero sussistere sorprese intorno alla sua approvazione, collegata, com’è noto, all’espressione del voto di fiducia.
Una prima considerazione: la formazione del governo Monti ha posto fine alla proposizione del lato indecente e scarsamente qualificabile della politica italiana. La sua struttura tecnica ha, nei fatti, sospeso l’attuale classe dirigente politica, che rimane interamente a tentare di svolgere un ruolo all’interno delle istituzioni parlamentari. Questa condizione rappresenta il punto di forza e debolezza insieme della compagine di governo. Un bipolarismo non antagonista fatica a prendere corpo, come dimostrano le recenti “intemperanze” lontane dalla civiltà e dall’intelligenza del gruppo della Lega Nord.
Nel merito del provvedimento di decretazione si possono esprimere significative riserve. Gli appunti di maggiore rilevanza possono essere ricondotti ai seguenti:
- nel solco della “migliore” tradizione italiana esso si caratterizza, prima di tutto, per il ricorso alla tassazione, nemmeno tanto originale, dal momento che le prime mosse riguardano un aumento delle accise su carburanti e tabacchi, pratica ampiamente già sperimentata;
- si è, concretamente, rinunciato ad un prelievo sui grandi patrimoni, inviso alla principale forza politica di centro destra (v. considerazione d’apertura) poiché, è stato detto, ciò avrebbe comportato una possibile fuga di capitali all’estero, comunque avvenuta (v. ultimo rapporto dell’Unione delle banche svizzere, senza che con la Svizzera sia intervenuto, allo stato, alcun accordo circa la tranciabilità dei capitali che ha invece visto protagoniste, in tempi recenti, Germania e Gran Bretagna;
- non è stato previsto alcun intervento per stimolare i consumi, fondamentale per una prospettiva di crescita economica, agendo, peraltro, in maniera sufficientemente apprezzabile, sul versante del sostegno alle imprese;
- sulla politica di contrasto all’evasione fiscale ci si è limitati alla vaghezza, quando, per esempio, non si è pensato ad una sorta di “task force” che impegni i giovani laureati nel campo finanziario ed economico nell’azione di contrasto al fenomeno;
- si procede a rilento per quanto concerne il tema dei costi delle istituzioni e dei soggetti della politica, per cui oggi non è possibile prevedere tempi ed esito del superamento di ogni tipologia di casta, vecchia e nuova;
- la riforma delle pensioni dovrà essere accompagnata, nel prossimo futuro, da un altrettanto significativo intervento che disegni un nuovo e realmente equo sistema di “welfare”, senza il quale anche una opinione complessiva sul riassetto del sistema pensionistico rischia di essere azzardata.
In un contesto così descritto, recuperiamo parte della credibilità in Europa. Tuttavia bisognerà passare dal ruolo di esecutori dei “compiti per casa” ad una prassi che, superando una corretta ed inderogabile diligenza, ci ponga realmente a confronto con Germania e Francia in una prospettiva europea non soltanto bidirezionale.
ANDREA G. STORTI
