I titoli di coda dell’ultimo spettacolo

I titoli di coda dell’ultimo spettacolo

É stata scritta la nuova, ennesima pagina nera della democrazia italiana. Alla Camera dei Deputati un significativo gruppo di “franchi tiratori” ha affossato, al riparo di un voto segreto tecnicamente mal riuscito, il percorso parlamentare della nuova legge elettorale frutto di un recente accordo condiviso tra le attuali e future, temiamo, principali forze politiche nazionali?(Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Forza Italia, Lega Nord). Una intesa sul “modello tedesco rivisitato” era stata raggiunta e sembrava tenere forte soprattutto dei numeri: più dell’ottanta per cento della rappresentanza?parlamentare prossima. I sondaggi più accreditati infatti assegnano al PD il 30%, al M5S poco meno, a FI una percentuale intorno al 13%, alla Lega Nord un valore sopra il dieci per cento.

Ciononostante è bastato un emendamento targato Alto Adige nella sua anacronistica autonomia che si voleva per l’occasione piegare alle esigenze dello Stato per, come si dice, rovesciare il tavolo. Non è, tuttavia, questo il punto: è cioè evidente che il caso del testo presentato da “Forza Italia” è irrilevante rispetto all’importanza di un nuovo impianto elettorale con il quale andare alle urne.

Il problema sta nel fatto che l’adozione di uno strumento di legge proporzionale simile a quello vigente in Germania è oggi lo specchio fedele delle caratteristiche delle forze politiche italiane ed assieme il massimo del prodotto possibile. Sistema partitico da tempo finito e coloritura movimentista poco più che dilettantesca. Con simili presupposti il ritorno in Commissione Affari Costituzionali del provvedimento appena inciampato in aula sembra non avere una prospettiva. Ma questa politica non è capace di altro.

Potremmo quindi assistere ad una situazione di stallo?improduttivo, ad un lento trascinarsi sino al termine naturale dalla legislatura. Ma questo non esime alcuno degli attori politici?dal pronunciare con chiarezza e senza infingimenti una parola definitiva e non modificabile in tema di sistema elettorale da costruire per un futuro non lontano.

ANDREA G. STORTI

Una faticosa opportunità

Il puzzle delle elezioni nei principali paesi europei inizia a comporsi.
Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi ha visto prevalere Emmanuel Macron con il 24% dei consensi e sarà al ballottaggio del 7 maggio prossimo con Marine Le Pen, forte del 21,3% dei suffragi.
Registriamo nell’immediato la sconfitta della seconda, pur nel massimo risultato storico per la destra d’oltralpe, che, riteniamo si ripeterà tra due settimane, respingendo l’equazione attentati terroristici = prevalenza della componente politica di destra o estrema destra.
Il secondo importante elemento è costituito dalla cocente sconfitta dei Repubblicani ex UMP di Francois Fillon (al 20% dei voti) che ha trascinato il partito nella sua repentina parabola discendente, impensabile soltanto qualche mese fa.
Il terzo elemento di notevole importanza è la débâcle socialista, attesa non in queste dimensioni. Il Partito Socialista ha raccolto il 6,4 per cento; nelle elezioni scorse del 2012 il consenso attorno a Francois Hollande si era attestato al 28,6%. Il 22,2% in meno.
Siamo quindi di fronte ad un quadro politico stravolto dove i due tradizionali partiti di riferimento, il socialista e gli eredi del gollismo hanno un peso politico decisamente minore.
Per contro, Emmanuel Macron è riuscito nell’intento di rendere presentabile ed appetibile un centro politico che sinora non aveva trovato significativa rappresentanza; l’ultimo tentativo al riguardo del 2012 di Francois Bayrou permise loro di raccogliere il 18,6% a fronte del 9,15% del 2007.
Segnaliamo inoltre che mentre nelle città con più di 100mila abitanti il risultato percentuale dei due candidati che vanno al ballottaggio è pressoché lo stesso risultato ultimo finale, nella città di Parigi Marine Le Pen è fanalino di coda dei quattro principali candidati con appena il 5% dei consensi. Una tendenza che vede misurarsi anche il voto di città contro il voto della campagna.
Su quali punti qualificanti sembra orientarsi il programma di Emmanuel Macron? Una sostanziale rifondazione dell’Europa con, al termine, un progetto di Costituzione, per esempio. Ciò dimostra che quando si vuole abbandonare in questo senso una visione esclusivamente rigorista e perdente, esso non solo è possibile ma apre scenari di più ampio respiro.

ANDREA G. STORTI

Punto di non ritorno

Punto di non ritorno

Dopo una veloce crisi istituzionale su pressione di disastri bancari ed altro, va in soffitta il primo governo Renzi ma dall’impolverato stanzone dove giace la politica italiana ripeschiamo una vecchia abitudine che si credeva desueta: la formazione di un esecutivo peggiore dell’ultimo che lo ha preceduto. Non classificato, dunque come fotocopia o “governo Renzi senza Renzi”, semplicemente peggiore. Per alcune ragioni: è parso di assistere ai vergognosi balletti della ”prima Repubblica” tra un incarico ed un altro; un lieve, quasi impercettibile spostamento di Ministero e, per chiudere in bellezza le conferme di titolari inadeguati – in primis il Ministro del Lavoro -, mentre si assegnava il dicastero della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca ad una maestra d’asilo priva di laurea e, fianco, del conseguimento di un esame di maturità, affrontato e superato invece negli ultimi decenni dalla quasi totalità degli studenti italiani. Persino il rituale del giuramento del governo è stato triste e sottotono come mai era accaduto, forse in ossequio a queste due ultime nefandezze.

Confessiamo di essere attoniti.

Una seconda importante questione vorremmo rilevare senza stupirci se la Nazione in futuro sarà consegnata al “Movimento Cinque Stelle”. Mentre si attende il placido pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legittimità delle legge elettorale vigente, ci si chiede per quali ragioni il partito del “AL VOTO MAI” sembra godere di nuovi ed ormai puntuali proselitismi. Registriamo peraltro una rivalutazione del “Mattarellum”, che certamente è stato, allora, abbandonato in tutta fretta, con pensiero leggero.

Siamo al punto di non ritorno e si presume che la classe politica italiana affogherà nella fanghiglia prodotta ormai da anni. Sembra, infatti, improponibile un retaggio anche minimo di ottimismo, stretti, come siamo, in una condizione internazionale assolutamente difficile: basti pensare alla Siria ed a quello scacchiere, oppure linearmente agli attacchi dell’ISIS sia pure in crisi, al crescente fastidio verso popolazioni diverse dall’Occidente, mentre si volge verso nuovi appuntamenti elettorali europei carichi di incognite. Possiamo ancora farcela?

ANDREA G. STORTI

Una delle peggiori notizie

Una delle peggiori notizie

Donald Trump è il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti. Non rimarrebbe che esprimere il più profondo sconcerto.

Tuttavia, a mente fredda, non è esattamente una sorpresa. Ricordiamo, per esempio, che Hillary Clinton prevalse su Bernie Sanders e che successivamente lo sconfitto decise sul filo di lana di convogliare i propri consensi sulla vincitrice delle primarie dell’asinello. Si ha ragione di ritenere che questa operazione non sia avvenuta in proporzione significativa.

Rimanendo sul versante democratico era ed è evidente la necessità di un profondo ricambio della classe dirigente di questo partito. Questa esigenza non risultava così drammatica poiché coperta dal carisma diBarack Obama. Ora tutto è divenuto ineluttabile poiché l’establishment è assolutamente logorato dai molti anni di gestione del potere. All’orizzonte non è ancora comparsa una potenziale figura di leader e ciò pesa ulteriormente.

Spiace inoltre constatare che comunque l’elemento di sicuro interesse rappresentato da una figura di donna alla presidenza della maggiore, con la Cina, potenza mondiale dovrà ancora attendere, forse a lungo.

Il buio si fa notte profonda qualora si prendano in esame i possibili e più generali sviluppi dell’ascesa di Donald Trump. Anzitutto egli, pur vincitore, non è stato sostenuto dalla totalità del Partito Repubblicano e ciò potrebbe riservare dei futuri effetti non positivi.

Non sembra preparato al gravoso, nuovo compito né possiede levatura di statista. Si affiderà, forse, all’ala estrema del Partito che non vorremmo rappresentata al governo da imbarazzanti figure politiche come Newt Gingrich, per esempio. Per quanto concerne le principali posizioni politiche presentate nel corso della campagna elettorale alcune di esse sembrano improponibili. Le linee di politica internazionale, il rapporto con l’Europa,?la politica sui flussi migratori verso gli Stati Uniti, l’intervento in economia per citare soltanto alcuni passaggi.

Le avvisaglie preoccupano al di là del vestito rassicurante indossato in occasione dell’incontro con il Presidente uscente.

Tacciamo, ma non del tutto, della sua concezione tribale dell’universo femminile.

Attendiamo, intanto, il venti Gennaio…

ANDREA G. STORTI

Arrivederci ad ottobre

Arrivederci ad ottobre

Non ci possiamo esimere dal commentare l’esito delle Amministrative 2016 ed il fardello di nuove situazioni che esso genera.

Prima di tutto il successo del M5S. Atteso, prevedibile e previsto a Roma: sorprende, semmai, la proporzione dei consensi (67,2 per cento): qui, è chiaro che il Partito Democratico aveva già fatto di tutto, nel tempo, per determinare la propria sconfitta. Peraltro, il fatto nuovo è che la prima cittadina dell’urbe si misurerà nella difficile arte di governare e sarà osservata da tutti, costituendo da oggi il faro amministrativo del Movimento Cinque Stelle nel bene e nel male.

Sorprendenti sono, invece, l’affermazione di Chiara Appendino e la sconfitta di Piero Fassino a Torino. Quest’ultimo ha bene amministrato la città rafforzando un sistema di potere che si è andato consolidando nel corso degli anni. Ha scelto relazioni ed una chiara tipologia di approccio politico, tralasciando, in parte evidentemente significativa, le esigenze espresse dalla parte meno abbiente dei cittadini; al di là delle dichiarazioni, ha fronteggiato con parziale successo il mordere della crisi economica di questi anni, pur conseguendo risultati di bilancio interno al Comune apprezzabili. Dal punto di vista più generale, l’esito della consultazione non può essere semplicemente ed unicamente ricondotto al versamento di consensi degli elettori del centro destra verso il M5S in fase di ballottaggio per cui, in un assetto a tre l’unione di due poli determina fatalmente la sconfitta del terzo rimanente; giova ricordare che Piero Fassino ha costruito ed ottenuto appoggi elettorali trasversali all’area di centro sinistra e questo faceva ritenere quasi scontata una sua affermazione. La sua rivale ha dimostrato indubbie capacità di relazione con i cittadini elettori, la stesse che il Partito Democratico ha scientemente mollato. Ha saputo parlare alla gente, espressione, in questo caso, tutt’altro che ovvia.

L’affermazione del candidato del centro sinistra Giuseppe Sala ha salvato il governo di Matteo Renzi. Una vittoria importante, ancorché stretta (51,7 – 48,3,) ha, quindi, inoltre impedito l’avvio di una nuovo laboratorio politico di centro destra da trasferire a livello nazionale. Analoga operazione non è, per il momento, pensabile a Napoli dove la nettissima vittoria di Luigi De Magistris (Lista civica di sinistra) coincide con la desertificazione delle urne (affluenza al di sotto del 50%).

L’andamento della consultazione nella città di Bologna, poi, ridimensiona notevolmente i disegni egemonici della Lega Nord lepenista di Matteo Salvini. Non possiamo che esprimere un piacere nemmeno tanto sottile.

ANDREA G. STORTI

Poteva essere e non è stato

Poteva essere e non è stato

“LA NOSTRA INTRANSIGENZA É UN VALORE”
(A. DI BATTISTA (M5S) 15.5.2016)

La definizione sopra riportata rappresenta, purtroppo, un colossale errore per chiunque si occupi di politica o intenda farlo. Spiace per l’autore che, periodicamente, infila delle gaffes clamorose. L’intransigenza è, infatti, per definizione, l’antitesi della politica. Può, pertanto, essere scusato soltanto per ragioni anagrafiche.

Riteniamo che il “Movimento Cinque Stelle” stia pagando il passaggio da forza movimentista ad una entità che si avvicina alla forma partito per senza ricercare questo traguardo. Il M5S si identifica con la rete; nel momento stesso in cui sceglie di guardare altrove e, legittimamente, all’alveo istituzionale, nel rappresentare quest’ultima nuova condizione perde all’istante la sua originalità e parte importante della sua forza propulsiva.

Ecco perché diviene fondamentale la ricerca di una strategia politica ed ogni sforzo nella costruzione di essa potrebbe rappresentare un fattore di nuovo successo.

Occorre tessere relazioni politiche, privilegiando il proprio punto di vista anziché chiudersi in una intransigenza autoreferenziale che, in mancanza di attenzione, viene scambiata per valore. Abbiamo la sensazione che i più rappresentativi primi cittadini del Movimento abbiano ormai sperimentato in forma diretta questa più complessa realtà mentre invece via sia nel Movimento una parte intransigente che costruisce un dedalo di regole interne che, pur necessarie, non possono costituire da sole l’unica barra di navigazione.

O si supera felicemente questa condizione o si è fatalmente destinati a rappresentare un’ala protestataria che non va oltre il vaffa, com’è stato agli albori di questa avventura.

La partita è ben più importante in questo caso degli avvisi di garanzia che hanno investito i sindaci di Parma e Livorno anche perchè a nessuno dei due protagonisti è contestata la corruzione: il primo è indagato per una nomina che riguarda un Ente pur importante della città ducale; il secondo per bancarotta fraudolenta in realtà verificatasi per una procedura di assunzione generalizzata (trenta persone) presso una azienda del Comune che è stata poi, per scelta, orientata alla procedura concordataria in forma preventiva.

Ancora, non ha alcun senso in questo caso affidarsi al Garante del Movimento, il quale da tempo attendeva di liquidare politicamente il sindaco emiliano, dopo aver mostrato di interpretare la giustizia a fasi alterne. Non si possono mostrare due diverse facce a seconda dell’interlocutore che ci sta di fronte. Forse è l’unico caso in cui accetteremmo di buon grado una sana rigidità.

ANDREA G. STORTI