A VOLTE RITORNANO, A VOLTE CADONO

A VOLTE RITORNANO, A VOLTE CADONO

Il 20 gennaio prossimo Donald Trump giurerà nuovamente come Presidente degli Stati Uniti d’America. La vittoria alle scorse elezioni presidenziali si è rivelata importante ed indiscutibile. L’incertezza palesata, secondo le ultime rilevazioni sondaggistiche, in sette importanti Stati si è risolta a favore del Partito Repubblicano, senza alcuna ombra ad offuscare il risultato finale.

Tuttavia va considerato l’involontario concorso dei Democratici alla vittoria trumpiana.

Prima di tutto la candidatura di Joe Biden, Presidente uscente, si è rivelata un grande errore politico e strategico insieme. Il successivo ritiro ha ulteriormente appesantito la situazione, anche se è parso chiaro a tutti che l’esito elettorale volgeva verso la figura di Donald Trump. Una diversa  speranza alimentava, invece, la proposizione di Kamala Harris. Tuttavia questo intendimento si è rivelato  una tardiva ed ultima espressione della difficoltà dei Democratici nel superamento delle vecchie logiche e diverse sensibilità ancora presenti all’interno del partito. Esso è tuttora ancorato a figure dell’establishment del tutto superate o, come nel caso degli Obama, non più rispondenti alle necessità dei tempi. Le persistenti frizioni tra chi ancora oggi  personifica una visione politica più progressista (Ocasio Cortez  e Sanders, per esempio) e  l’ala meno aperta alle istanze sociali, alcune delle quali del tutto nuove ha costituito il blocco di ogni ulteriore velleità, con il concorso della veterana Nancy Pelosi che, come è noto, avrebbe preferito una figura di candidato diverso, espressione delle più avanzate istanze territoriali coincidenti con la figura di Governatore dei più importanti Stati. Peraltro, storicamente mai la carica di vice Presidente ha goduto di grande considerazione politica con le sole più recenti eccezioni di Lindon B. Johnson – democratico- e Gerald  Ford -repubblicano –  che hanno forzatamente sostituito JF. Kennedy e Richard Nixon.

Uno degli scogli che D. Trump incontrerà immediatamente nella sua presidenza concerne la situazione in Medio Oriente. In quest’area si registra la caduta di Assad in Siria dopo 53 anni caratterizzati da una sanguinaria dittatura. Basahr El Assad guidava la Siria dal 2000 passando attraverso i rapporti con la Libia di GHEDDAFI,  L’Iran di KHAMENEI, la Cina di XI JNPING in ordine cronologico. Il rapporto  con la Russia di V. PUTIN si rivelerà decisivo. Con un’occhio alla Turchia di ERDOGAN.  La preoccupazione è notevole anche alla luce dei recenti conflitti bellici.

Occorrerà comprendere se la situazione generale virerà verso un prevalere dell’ideologia musulmana o se le istanze del nuovo regime apriranno ad una forma di regime moderato assolutamente necessaria in un’area geografica particolarmente difficile.

ANDREA G. STORTI

Notizie da Strasburgo

Notizie da Strasburgo

Con malcelato ed ingiustificato stupore veniamo a conoscenza della relazione sullo stato di diritto presentata dalla Commissione europea il 25 luglio, all’interno della quale l’Italia nel complesso ha ricevuto le seguenti sei raccomandazioni:

  1. MAGGIORE IMPEGNO NELLA DIGITALIZZAZIONE PER TRIBUNALI E PROCURE;
  2. ADOZIONE DI UNA PROPOSTA LEGISLATIVA IN TEMA DI CONFLITTO D’INTERESSI;
  3. ISTITUZIONE DI UN REGISTRO OPERATIVO PER LE LOBBY;
  4. REGOLAMENTAZIONE INFORMATIVA SUL FINANZIAMENTO AI PARTITI;
  5. TUTELA DEI GIORNALISTI ED INDIPENDENZA DEI MEDIA;
  6. CREAZIONE DI UNA ISTITUZIONE NAZIONALE PER I DIRTTI UMANI IN LINEA CON I PRINCIPI DELLE NAZIONI UNITE.

Si tratta di temi della massima importanza la cui mancanza denota una condizione di spaventosa arretratezza  indegna di un Paese civile.

Ricordiamo, tra l’altro, in tema di diritti, il penoso ritardo a causa del quale non si è ancora provveduto a disciplinare il “fine vita”, nonostante una sentenza definitiva della Consulta che ancora surroga l’assenza di una Legge fortemente voluta dalla grande maggioranza dei cittadini  italiani, ripetutamente interpellati a livello sondaggistico.

La digitalizzazione della giustizia procede ancora a passo troppo lento e gli stanzoni ricolmi di scartoffie sono una immagine dura a morire.

Per altro verso, anche la riforma del premierato è finita sotto la lente della Commissione europea. Con questa riforma non sarebbe più possibile per il Presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come primo ministro, con una conseguenza indiretta sulla stabilità politica.

Relativamente ai punti riguardanti, prima di tutto, il tema del conflitto di interessi è forse sufficiente ricordare che la questione è datata 1994, quando salì al governo del Paese Silvio Berlusconi e, da allora, gli esecutivi succedutesi- compresi, colpevolmente, quegli a guida centro-sinistra- non produssero alcun provvedimento legislativo in materia. A questo occorrerebbe accompagnare l’adozione di passaggi tesi a superare la presenza occulta di lobbies a vario titolo, oggi non ancora emergenti.

Agli anni settanta-ottanta del novecento risalgono i tentativi di normare il finanziamento dei partiti politici, causa prima dell’esplosione del fenomeno di “tangentopoli” (1992) che ha distrutto larga parte delle compagini politiche di allora, ad incredibile esclusione del PCI-PDS.

A proposito della governance dell’informazione e del ruolo professionale dei giornalisti, rimandiamo ad altro specifico intervento in materia sulla presente testata.

Ultimo aspetto ma non certo per importanza: ci auguriamo vivamente che l’Italia si allinei in fretta ai Paesi più evoluti con la creazione di una Istituzione per i DIRITTI UMANI, dopo le scorribande – che ricordiamo ancora- del governo giallo-verde di recente memoria.

Ora, al massimo, ci terremo la palese ubbia dello stretto di Messina.

ANDREA G. STORTI

 

 

PATRIOTI?

PATRIOTI?

I risultati definitivi delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale Legislativa in Francia consegnano un verdetto inatteso.

Il  NUOVO FRONTE POPOLARE, l’alleanza di sinistra che si è formata per contrastare l’avanzata del RASSEMBLEMENT NATIONAL al secondo turno elettorale, ha conquistato 182 seggi alla prossima Assemblea, composta di 577 deputati. La formazione centrista a sostegno del Presidente  Emmanuel Macron -ENSEMBLE- ne ha ottenuti 168. Il RASSEMBLEMENT NATIONAL  di Marine Le Pen, alleato con una parte dei REPUBLICAINS  è terzo con 143 deputati eletti.

All’interno del F.P. la ” FRANCE INSOUMISE” di Jean Luc Melenchon è la più rappresentata con 74 eletti cui si aggiungono tre dissidenti del Partito. Il PARTITO SOCIALISTA  avrà 59 deputati e gli ECOLOGISTI 28. Il PARTITO COMUNISTA ha eletto 9 parlamentari.

Al di là delle roboanti dichiarazioni di  J. L. MELENCHON, immediatamente successive alla conoscenza dell’esito elettorale il vero vincitore è il Presidente della Repubblica E. MACRON, il cui notevole azzardo relativo alla scelta di indire nuove elezioni sciogliendo il Parlamento precedente si è rivelata vincente. Ora il problema che si pone è semplicemente relativo alla governabilità, poichè la nuova Assemblea che si è formata non consente l’individuazione di una maggioranza certa. Purtuttavia, dando per scontata la non riconferma dell’attuale Primo Ministro GABRIEL  ATTAL, in carica da Gennaio 2024, occorrerebbe individuare una figura terza che potrebbe corrispondere al profilo di RAPHAEL GLUCKSMANN, per molti elettori un’ancora di salvezza per il campo progressista, del gruppo dei SOCIALISTI E DEMOCRATICI di Francia, l’avversario più temibile di J.L. Melenchon.

Ciò che ha collocato in un diverso piano i possibili sviluppi della situazione francese è stato – dapprima –  l’annuncio  della creazione di un nuovo gruppo al Parlamento Europeo – I PATRIOTI PER L’EUROPA che conterà 84 deputati, CON IL CONCORSO DELLA  LEGA di MATTEO SALVINI , capeggiati dal Gen.le Roberto Vannacci.

Sempre in linea con le figure patriottiche, è poi piombata improvvisamente la notizia dell’attentato a DONALD TRUMP, candidato repubblicano alle prossime presidenziali americane di Novembre. Non sfugge a nessuno la gravità del fatto; va osservato che il probabile prossimo Presidente degli STATI UNITI d’AMERICA è vittima della sua stessa politica riconducibile alla forma violenta, come  accaduto a Capitol Hill il 6 Gennaio 2021 per il quale sono stati individuati dei complottisti di estrema destra e del cui accaduto D. TRUMP deve ancora rispondere.

Speriamo non si prevedano tempi ancora più cupi.

ANDREA G. STORTI

Priorità e ballottaggi

Priorità e ballottaggi

Apprendiamo con sconcerto che l’esito dei ballottaggi alle amministrative 2024 non è affatto piaciuto al Presidente del Senato della Repubblica in carica. Egli invoca una riflessione circa l’elevato astensionismo registrato alle elezioni appena trascorse.

Tuttavia, per quanto concerne la competizione amministrativa occorre dire che storicamente si tratta del  modello elettorale che più ha -sin qui- dimostrato di funzionare.

Nei 112 capoluoghi di provincia le amministrazioni governate da una coalizione di centro destra erano 52 nel 2019; oggi sono 40. Viceversa le coalizioni di centro sinistra passano, nello stesso periodo considerato, da 42 a 57. Sostanzialmente stabile il numero di capoluoghi guidati da liste civiche o di altra tipologia non riconducibile al bipolarismo, comunque ora più forte.

Le prossime elezioni previste in alcune Regioni forniranno un quadro ancora più chiaro. In quest’ultimo caso peserà certamente la deplorevole ed incresciosa vicenda del presidente della Regione Liguria.

Pare peraltro evidente che la prima e più importante causa del fenomeno dell’astensione dal voto -seriamente preoccupante- è costituita dall’impresentabilità di quella che anni addietro veniva definita con il termine dispregiativo di partitocrazia, giunta ormai all’epilogo.

Non può certamente essere uno dei rappresentanti che ha costituito il partito oggi di maggioranza relativa -“FRATELLI D’ITALIA”-, pur se Presidente del Senato, ergersi a baluardo di questo sfascio ormai poco tollerabile.

Infatti, il cittadino che ancora si reca alle urne lo fa in ragione della conoscenza -diretta o meno- del candidato amministratore, che sta alla base della scelta di ballottaggio.

Pertanto, non sussiste alcuna valida ragione che porti all’eliminazione di questa importante prerogativa, per se essa può dare origine a delle incongruenze nel passaggio dal primo turno alla scelta definitiva tra i due candidati che ottengono il maggior numero di voti, situazione – questa – che va affrontata, senza cancellare l’impianto attuale.

Le priorità che sussistono sono altre.

Una legge elettorale che supporta la composizione dei due rami del Parlamento non esclusivamente poggiata sul c.d. premierato priva, com’è oggi, di un indispensabile equilibrio con gli altri poteri dello Stato.

Una reale attenzione allo sviluppo economico del Paese attualmente caratterizzato da una forbice sempre più ampia tra i pochi detentori di ricchezza ed i sempre più numerosi presenti sulla soglia della povertà certificata.

Un modello di welfare che deve, per forza di cose essere vagliato non con finta attenzione, ma ridisegnato.

Una consapevolezza dell’importanza dell’ambiente non episodica. e frammentata.

Una cultura intesa non come possesso di nozioni, ma come comprensione del percorso esistenziale e delle relazioni che esso genera.

Potremmo andare avanti a lungo ma, per carità cristiana, pensando alla caratura della nostra odierna compagine governativa, ci fermiamo qui.  La nostra Presidente del Consiglio – confidiamo – acconsenta.

ANDREA G. STORTI

Verso una situazione americana

Verso una situazione americana

Nel commentare l’esito delle elezioni europee 2024, il primo, purtroppo, evidente dato è la scarsa affluenza registrata, attestatasi al 40.86 % degli aventi diritto. Questo significa che un elettore su due non vota e, pertanto si è vicini al punto di non ritorno.

Già in precedenza in un articolo del 18 Febbraio, all’indomani delle elezioni amministrative in Lombardia e Lazio segnalammo come una sostanziale carenza di proposta politica potesse allontanare sempre più elettori dalle urne. Ora, questa condizione si ripresenta in un modello di elezione ben più importante ed in una fase cruciale internazionale caratterizzata da un sommarsi di eventi negativi, dai quali -pare- non si intravvede via d’uscita.

Pesa l’assoluta fragilità delle istituzioni europee così come oggi si presentano. La loro architettura ibrida non favorisce una politica di ampio respiro come, invece, sarebbe assolutamente necessario, a partire dalla costruzione di una strategia di difesa comune come inoltre da un disegno di  politica fiscale relativa ai Paesi aderenti la UE nel loro insieme.

Siamo, su questo ed altri terreni terribilmente indietro, mentre si allarga la forbice tra la nuova rappresentanza del Parlamento Europeo e quella del Consiglio d’Europa molto diverse, a seguito dell’esito di queste ultime  elezioni.

Nel primo caso si andrà- con tutta probabilità- a costituire ancora una volta una maggioranza politica formata dal PPE, dal GRUPPO SOCIALISTA e da quello LIBERALDEMOCRATICO.

Per il Consiglio d’Europa la prevalenza dei Paesi a blocco conservatore è stata elettoralmente sancita in maniera inequivocabile da un deciso avanzamento dei “populisti” o -peggio dell’estrema destra. Si potrebbe, pertanto, presentare una sorta di coabitazione obbligata tra le due realtà.

Del resto il pesante insuccesso alle ultime elezioni continentali del Partito RENEW guidato da EMMANUEL MACRON a seguito del quale il presidente francese ha sciolto l’Assemblea Legislativa, dimostrando da un lato un grande rispetto delle istituzioni e della  volontà popolare, dall’altro di tentare la ricomposizione dei cocci dell’opposizione a MARINE LE PEN, operazione molto difficile, equivalente ad un triplo salto mortale di tipo politico, determinerà il nuovo assetto transalpino.

Intanto una parte degli italiani gonfia il petto in quanto espressione di una solidità governativa mai in precedenza dimostrata.

Basterà?

In realtà ci stiamo avvicinando a grandi passi al modello politico americano dove – alle elezioni presidenziali o congressuali che siano – vota, mediamente il 30 % della popolazione con qualche effimera eccezione.

 

ANDREA G. STORTI

ELEZIONI EUROPEE 2024: APPELLO AI DISPERSI

ELEZIONI EUROPEE 2024: APPELLO AI DISPERSI

Il primo numero del “MONDO” usci in edicola il 19 Febbraio 1949 al costo di 80 Lire con 16 pagine. L’articolo di fondo -anonimo- era dedicato alla politica di Stalin con toni assolutamente critici. L’altro articolo a firma Carlo Sforza, allora Ministro degli Esteri, era dedicato all’Europa. Firme, argomenti, linea politica e culturale erano nettamente indicati fin dall’inizio. Nei numeri successivi l’area dei collaboratori continuò ad estendersi. Affiancarono Mario Pannunzio, nel corso del tempo, Ernesto Rossi, Eugenio Scalfari, Niccolò Carandini, Guido Olivetti, Ivanoe Bonomi, Gaetano Salvemini, Vittorio Gorresio, Luigi Einaudi. Altiero Spinelli. Ugo La Malfa, Guido Carli, Cesare Zappulli, Bruno Visentini, Alberto Ronchey per citare i più conosciuti, poichè nominare tutti sarebbe impresa impossibile.

Nell’oscura estate del 1964 prese corpo il golpe strisciante di De Lorenzo, fino al periodo delle stragi misteriose del 1969 e seguenti, delle trame – mai interrotte – dei Servizi Segreti, al golpismo “nero” di Borghese e della “Rosa dei Venti”, agli anni di piombo delle BR, di Prima Linea e di Autonomia, fino a giungere alla loggia P2 di LICIO GELLI . Ora, l’inizio di queste trame coincide, pur non essendone minimamente una derivazione, con l’avvento del PSI al governo del Paese in coabitazione con la Democrazia Cristiana e l’Italia è stata terreno di coltura dei poteri occulti, paralleli, e criminali, contro le istituzioni repubblicane.

Questi “esperimenti” tesi a rovesciare la democrazia italiana ebbero, negli anni sessanta, come punta d’iceberg il c.d. “Piano Solo” del Comandante dei Carabinieri, successivamente  seguito dalla strage di Piazza Fontana che aprì la strada a quello che – di fatto- è stato il tentato golpe “inconsapevole” di Mariano Rumor e Giuseppe Saragat, rispettivamente per un  pessimo periodo di quella storia repubblicana, Presidente del Consiglio dei Ministri il primo, della Repubblica, il secondo.

Siamo andati con la memoria a quegli avvenimenti che hanno attraversato vent’anni di vita italiana e che costituiscono  una delle chiavi di lettura della nostra storia contemporanea per comprendere appieno il significato attuale di una necessaria politica europea che superi le piccole patrie, a suo tempo puntualmente evocate – in negativo – da Marco Pannella.

La frattura intervenuta all’interno della redazione del “MONDO” nella seconda metà degli anni sessanta e che portò dapprima un significativo numero di intellettuali all’impegno diretto nelle principali Amministrazioni Comunali dell’area del Nord Italia (significativo tuttavia il caso di Elio Vittorini che rinunciò al suo mandato per favorire l’ulteriore presenza di un esponente del PSI) non consentì di superare l’angoscioso dilemma tra gruppo di pressione critica a carattere intellettuale e la forma partito,. Ciò determinò sostanzialmente la la fine dell’esperienza di Mario Pannunzio e del suo giornale.

I terzaforzisti del “Mondo” considerarono  a lungo i comunisti come una forza estranea ed alternativa al sistema democratico e la D.C. poco meno che una banda occupante il potere in nome e per conto del Papato almeno sino al 1948, con il successivo, storico passaggio a posizioni di un riformismo economico e sociale, ancora oggi traguardo non pienamente raggiunto.

La sinistra liberale, staccatasi dal partito originario (PLI)  aveva dato vita al Partito Radicale e si avviava ad un accordo con i socialisti. e, -marginalmente – con i Repubblicani.

La prima tratta era – dunque- compiuta.

Ora, a ridosso delle elezioni europee del 2024 si pone lo stesso dilemma, pur in condizioni storiche molto diverse e dopo che la politica ha perduto la sua caratteristica di motore dei mutamenti sociali, con un sistema dei partiti – intesi tradizionalmente – superato.  Tuttavia i dispersi, al di fuori degli schieramenti delle coalizioni di centro destra e centrosinistra – al netto della ancora “confusa” e scarsamente tollerata  presenza dei timidi seguaci di quella che è stata l’esperienza originaria del M5S, hanno il dovere di rialzare la testa, evitando anche il più piccolo dei personalismi, nessuno escluso.

ANDREA G. STORTI