All’inizio fu Bettino Craxi -1983- a porre sul tavolo di discussione partitica (allora guidava un esecutivo pentapartito con il PCI all’opposizione) il tema di una riforma istituzionale in senso presidenzialista.
Da allora si sono susseguiti cinque ulteriori tentativi (BOZZI, DE MITA/JOTTI, D’ALEMA, Gruppo di lavoro MAURO/ONIDA, Disegno di Legge Costituzionale BOSCHI/RENZI) ad eccezione di una bozza (Violante- Commissione AFFARI COSTITUZIONALI e abbinati -2006/2008) il cui progetto NON fu approvato, nemmeno dalla Camera dei Deputati, anche in considerazione dell’anticipata cessazione della legislatura.
Tema, dunque, tutt’altro che nuovo e, brucia ancora il risultato del referendum popolare confermativo del testo di legge costituzionale del 4 dicembre 2016 che portò alle dimissioni dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, oggi -per ironia della sorte- senatore.
Le condizioni attuali sono diverse ma e’ dato per scontato che si giungerà ad un nuovo referendum confermativo, poichè una maggioranza parlamentare dei 2/3 dei componenti di ciascun Camera che garantirebbe l’approvazione diretta non c’e’.
Serve, peraltro ricordare che poco tempo dopo l’inizio del dibattito sui temi della riforma Costituzionale del 2016 circa il 70% degli italiani risultava favorevole, secondo i principali sondaggi. Poi, abbiamo visto com’e’ andata.
Ora, tre dei cinque punti su cui poggia la “riforma del premierato” possono, di primo acchito, anche essere condivisibili (Legge elettorale maggioritaria al 55%, norma anti-ribaltone, superamento della presenza dei senatori a vita): non così per il ridimensionamento degli attuali poteri del Presidente della Repubblica, ancora nella situazione attuale figura “super partes” rispetto al Parlamento ed arbitro della situazione.
L’elezione diretta del premier rappresenta, invece, una forma di illusionismo in quanto, in piena ottica populista, farebbe ritenere che il semplice cittadino si riappropri così di un diritto/dovere che, nella realtà, non ha mai avvertito come tale.
Piuttosto, ci siamo forse scordati che proprio a Sergio Mattarella fu chiesto di ricandidarsi a Presidente della Repubblica per altri sette anni dal momento che l’Assemblea legislativa non fu capace di trovare un qualsivoglia consenso attorno ad una nuova figura?
Forse giova rileggere Giovanni Sartori.
ANDREA G. STORTI

