Apprendiamo con sconcerto che l’esito dei ballottaggi alle amministrative 2024 non è affatto piaciuto al Presidente del Senato della Repubblica in carica. Egli invoca una riflessione circa l’elevato astensionismo registrato alle elezioni appena trascorse.
Tuttavia, per quanto concerne la competizione amministrativa occorre dire che storicamente si tratta del modello elettorale che più ha -sin qui- dimostrato di funzionare.
Nei 112 capoluoghi di provincia le amministrazioni governate da una coalizione di centro destra erano 52 nel 2019; oggi sono 40. Viceversa le coalizioni di centro sinistra passano, nello stesso periodo considerato, da 42 a 57. Sostanzialmente stabile il numero di capoluoghi guidati da liste civiche o di altra tipologia non riconducibile al bipolarismo, comunque ora più forte.
Le prossime elezioni previste in alcune Regioni forniranno un quadro ancora più chiaro. In quest’ultimo caso peserà certamente la deplorevole ed incresciosa vicenda del presidente della Regione Liguria.
Pare peraltro evidente che la prima e più importante causa del fenomeno dell’astensione dal voto -seriamente preoccupante- è costituita dall’impresentabilità di quella che anni addietro veniva definita con il termine dispregiativo di partitocrazia, giunta ormai all’epilogo.
Non può certamente essere uno dei rappresentanti che ha costituito il partito oggi di maggioranza relativa -“FRATELLI D’ITALIA”-, pur se Presidente del Senato, ergersi a baluardo di questo sfascio ormai poco tollerabile.
Infatti, il cittadino che ancora si reca alle urne lo fa in ragione della conoscenza -diretta o meno- del candidato amministratore, che sta alla base della scelta di ballottaggio.
Pertanto, non sussiste alcuna valida ragione che porti all’eliminazione di questa importante prerogativa, per se essa può dare origine a delle incongruenze nel passaggio dal primo turno alla scelta definitiva tra i due candidati che ottengono il maggior numero di voti, situazione – questa – che va affrontata, senza cancellare l’impianto attuale.
Le priorità che sussistono sono altre.
Una legge elettorale che supporta la composizione dei due rami del Parlamento non esclusivamente poggiata sul c.d. premierato priva, com’è oggi, di un indispensabile equilibrio con gli altri poteri dello Stato.
Una reale attenzione allo sviluppo economico del Paese attualmente caratterizzato da una forbice sempre più ampia tra i pochi detentori di ricchezza ed i sempre più numerosi presenti sulla soglia della povertà certificata.
Un modello di welfare che deve, per forza di cose essere vagliato non con finta attenzione, ma ridisegnato.
Una consapevolezza dell’importanza dell’ambiente non episodica. e frammentata.
Una cultura intesa non come possesso di nozioni, ma come comprensione del percorso esistenziale e delle relazioni che esso genera.
Potremmo andare avanti a lungo ma, per carità cristiana, pensando alla caratura della nostra odierna compagine governativa, ci fermiamo qui. La nostra Presidente del Consiglio – confidiamo – acconsenta.
ANDREA G. STORTI