I primi passi del 2016 della politica italiana sono caratterizzati da alcune questioni di rilevante importanza, la prima delle quali riguarda l’approdo finale del provvedimento legislativo in tema di unioni civili. Questione, si direbbe, antica se si pensa che il primo tentativo di legiferare in materia in Italia risale alla prima parte degli anni ottanta del novecento a firma Agata Alma Cappiello parlamentare del P.S.I. Da allora si sono succeduti vari tentativi tutti miseramente naufragati sotto i colpi delle componenti cattoliche delle formazioni politiche esistenti che hanno relegato la nostra Nazione ad un ruolo “da terzo mondo”, in senso non spregiativo, per quanto concerne il tema dei diritti civili più in generale. Oggi i tempi sembrano maturi ma, considerate le precedenti esperienze, occorre, forse, molta prudenza. Infatti, a complicare la situazione, alcune posizioni cattoliche intransigenti hanno permesso che il tema, già di per sè complesso delle unioni e dei diritti e doveri conseguenti incrociasse la questione della procreazione medicalmente assistita che come, invece, dovrebbe essere noto, è disciplinata dalla Legge 40 del 2004. Ecco, quindi, comparire la questione cosi detta “dell’utero in affitto” che, cattolici improbabilmente democratici hanno sollevato anche per il caso in cui soggetti potenzialmente interessati si possano o meno rivolgere all’estero.
Si è, purtroppo, spettatori di un insieme di contraddizioni la più evidente delle quali è la seguente: anche chi è acerrimo sostenitore della famiglia tradizionale in senso lato, si ostina, in realtà, soprattutto a negare posizioni diverse e questo può soltanto produrre una condizione di stallo dalla quale bisognerà uscire. É per questo che bisognerebbe guardare in forma critica ed al tempo stesso lineare alle precedenti esperienze legislative in ambito europeo. Ancora, vorremmo ricordare che il diritto civile è prima di tutto prerogativa di uno Stato laico e che quindi forme di ingerenza, pur se storiche, andrebbero almeno non sostenute. In questo senso pare opportuno che sia lasciata a ciascun parlamentare la “libertà di coscienza” in occasione di quello che sarà il voto finale.
La proponente del disegno di Legge si è già distinta per coraggio politico, merce sempre più rara.
ANDREA G. STORTI
