LIBERE CONTRADDIZIONI

LIBERE CONTRADDIZIONI

E’ di queste ore la notizia della violazione dello spazio aereo polacco da parte di droni russi, abbattuti.

Accaduto raggelante poichè si è a pochi passi da un conflitto internazionale e si apre l’ipotesi di una applicazione dell’art.5 dello statuto della NATO.

In questo quadro l’Europa si dimostra particolarmente debole e non è certo aumentando la spesa militare per esigenze presentate come modello di difesa che si coglieranno risultati almeno apprezzabili.

I venti di  crisi politica ed economica che hanno attraversato dapprima la Germania ed, in tempi più attuali, la Francia aggiungono  ulteriore incertezza. L’Italia presenta invece una situazione in apparenza positiva,  anche se la realtà è molto diversa da quella che si vuole far apparire.

Stiamo -quindi-  assistendo ad una esplosione di contraddizioni senza precedenti. Il peso maggiore, in questo senso, ricade sugli Stati Uniti dove il Presidente Donald Trump al di là dell’atteggiarsi ad uomo di pace, ha invece riabilitato e rimesso la Russia al centro della scena planetaria garantendo ad essa, al tempo stesso , nei fatti, una prosecuzione del conflitto con l’Ucraina.

Ucraina che pur dimostrando una aperta disponibilità a colloqui diplomatici di pace ha denotato una sostanziale rigidità sulla questione dei  territori tale da ingenerare negli occidentali alcune, in senso eufemistico, perplessità. La strada sembra tracciata ma i risultati latitano.

Prosegue intanto nella striscia di Gaza l’annientamento dei palestinesi ad opera di Israele, con tutto il suo carico di disumanità. Gli Stati Uniti guardano da un’altra parte.

La necessità di prospettare un ordine mondiale appartiene oggi ancora agli Stati Uniti ma non è mai stata così in discussione anche in patria,  mentre  si staglia all’orizzonte la potenza cinese le cui relazioni bilaterali con Vladimir Putin -positive- non conoscono invece flessioni.

Ecco l’occasione per l’Unione Europea di interporsi tra forze molto più grandi con una proposta politica e diplomatica di qualità.

Questo il sogno. La realtà purtroppo ………….

 

ANDREA G. STORTI

Guerra e genocidio. Una follia senza senso

Guerra e genocidio. Una follia senza senso

Da ormai qualche tempo ci si interroga sul tentativo del Presidente degli Stati Uniti d’America di porre fine al conflitto tra RUSSIA ed UCRAINA. La granitica certezza passata di Donald Trump, statista di pace, sembra progressivamente declinare e con essa il ruolo di mediatore politico degli Stati Uniti in questo scenario di guerra infinita. Delle decine di conflitti bellici presenti oggi a livello planetario guardiamo sicuramente ai due più conosciuti.

Il nuovo ordine mondiale basato sul concetto di supremazia porta a pensare che la guerra tra RUSSIA ed UCRAINA avrà termine soltanto quando Vladimir Putin si riterrà pago dei territori conquistati nel Donbass – la cui popolazione, per inciso, si considera russa-. Nessuno, credo, è in grado di dire se la tempistica coinciderà con il termine di cinquanta giorni da oggi fissato dal Presidente U.S.A., dopodichè o si aprirà la strada a nuove sanzioni economiche o si tratterà di ulteriori dazi stabiliti dagli U.S.A. in una  guerra commerciale anch’essa  da ritenersi priva  di senso. Occorre, tuttavia, tenere presente che l’economia russa è da tempo una economia di guerra con tutte le conseguenze del caso.

L’altro teatro di guerra è rappresentato dalla striscia di Gaza dove prosegue lo sterminio del popolo palestinese senza distinzione alcuna tra età, sesso o altro ordinato da B. Netanyahu, autentico macellaio sociale. Certamente il 7 Ottobre era iniziata una altrettanto terrificante offensiva palestinese ma questo massacro deve finire.

Sullo sfondo, la scricchiolante e subdola accettazione dello stato di cose da parte degli Stati Uniti è tesa ad impedire l’avanzamento nucleare dell’Iran.

L’Europa balbetta qualcosa, tra l’altro accettando ed autorizzando l’aumento delle spese per la difesa sul P.i.l. dei singoli Stati, ignorando che strategie di difesa non significa soltanto produrre e vendere armi.

Il vantaggio di una simile operazione si ridurrà esclusivamente a favore degli Stati Uniti e della Germania, impegnata a giustificare sforamenti di bilancio per una attuale situazione economica tutt’altro che brillante  al pari di altri Stati d’Europa. L’Italia guidata dalla “statista” Giorgia Meloni attua la politica di un colpo al cerchio ed uno alla botte.

ANDREA G. STORTI

CAPOLAVORO POLITICO e CAPOLAVORO RELIGIOSO

CAPOLAVORO POLITICO e CAPOLAVORO RELIGIOSO

Si è concluso a suo tempo il blitz della Presidente del Consiglio italiana alla corte di Donald Trump. Elogiata alla grande dal Presidente statunitense, alcuni osservatori italiani hanno parlato di capolavoro politico. Ci permettiamo di segnalare quanto fuori luogo sia questa lettura, pur sostenuta da esponenti del partito, oggi , di maggioranza relativa, che appare  comunque consolidata, stando agli ultimi elementi sondaggistici.

Non sappiamo se la scomparsa di Bergoglio potrà portare alla cessazione delle ostilità tra Russia ed Ucraina come papa Francesco ha sempre desiderato. Dietro questa simbiosi Meloni-Trump crediamo stia una condizione attuale della politica italiana particolarmente raggelante: buona parte dei termini di politica estera nazionale, soprattutto verso gli Stati Uniti, è posta in essere da Matteo Salvini.

Non già per le capacità della persona, ma invece energia simbolica del populismo, ammantato da una concezione di moderatismo non reale che pervade la maggioranza politica nazionale e che si ispira alle principali caratteristiche della politica di DONALD TRUMP. Crediamo che questa sottenda -sui territori statunitense ed italiano- ad un sostanziale disprezzo per la democrazia pericoloso e fuorviante.

Ancora una volta ritorna ciclicamente la logica del suprematismo mentre assistiamo sgomenti ad una strisciante ipocrisia.

Per contro se n’è andato il papa “dei poveri e per i poveri” il cui primo viaggio apostolico ha avuto come destinazione l’isola di Lampedusa, teatro di una ecatombe sul mare di migranti che – invece –  in delegazione a S. Maria Maggiore portavano -al pari di poveri e transgender-  il giorno delle esequie di papa Bergoglio ciascuno una rosa bianca di gratitudine.

La radicalità evangelica di chi ha sostenuto il concetto di fratellanza universale, espresso da Bergoglio a fondamento della politica vaticana è stato rivolto prima di tutto  a bambini e giovani, cioè al nostro domani. Egli ha tracciato un solco straordinario da pellegrino di speranza con il quale ha permeato la geopolitica vaticana ispirata all’avvio di una rivoluzione nella storia millenaria della Chiesa, aperta alle altre confessioni.

Il popolo dei bisognosi  lo ricorderà così  come ci auguriamo di avere sempre davanti un suo insegnamento: ” la guerra è la più grande sconfitta possibile per l’umanità”.

ANDREA G. STORTI

 

 

L’ AUTOCRAZIA U.S.A e i DAZI COMMERCIALI

L’ AUTOCRAZIA U.S.A e i DAZI COMMERCIALI

Nella seconda parte di Aprile 2025 J. D. Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, sarà a Roma.

Il “nuovo” modello autocratico statunitense compare inequivocabilmente sulla scena, dov’è accentuato l’assolutismo politico, per cui il sovrano ricava da se stesso la propria autorità. Quindi la figura di Vladimir Putin viene emulata.

Di conseguenza il potere non è più esercitato dal popolo in forma diretta o rappresentativa come  esige il concetto di democrazia.

Una cosa alla volta.

Mai nella storia americana un vicepresidente in carica, con la sola eccezione – con  altre modalità e caratteristiche – di Al Gore -democratico- ha assunto  un ruolo molto importante. Questo potrebbe indicare che il prossimo candidato presidente repubblicano sarà, con ogni probabilità, J.D. VANCE, e non è una buona notizia. Certamente egli parla alla pancia dei concittadini con toni rozzi ed assolutamente non condivisibili per noi europei. Il suo recente viaggio in Groenlandia, motivato dall’accesso alle risorse, dopo la performance con V. Zelensky alla Casa Bianca, ha chiarito la pasta d’uomo. Protagonista, alle spalle di D. Trump, dell’avvio di una sorta di “pulizia etnica in versione istituzionale” che ne evidenzia – forse- la cultura. Il richiamo, nella questione della Groenlandia, all’insufficiente impegno della Danimarca in questo senso, è foriero della possibile via verso una autodeterminazione groenlandese curata dagli U.S.A. Donald Trump non è un alfiere della pace, bensì un Presidente che guarda agli sviluppi della politica interna con una crescente attenzione alle prossime scadenze elettorali.

In campo economico ha iniziato una guerra commerciale contro la “sporca quindicina di Paesi” il cui surplus deriva da una molto significativa esportazione produttiva verso gli Stati Uniti. L’ITALIA è in una ipotetica classifica una delle Nazioni peggiori.

Il deficit cognitivo economico di Trump è spaventoso e porterà con se’ un calo di fiducia nei confronti degli States. Non è mai accaduto che una serie di nefaste misure di tale portata abbia inizio dalla sera al mattino successivo e sia  resa operativa in qualche ora. CIò significa il caos pressochè totale e ci riporta indietro di circa cent’anni (1841).

Siamo al punto più basso forse mai toccato in precedenza.

I principali indicatori generali economici sono in fibrillazione. L’inflazione tende a crescere portando con sè un probabile periodo di recessione, che auspichiamo breve . I prezzi – a carico di chi acquista –  saranno, per gli U.S.A., cresciuti attorno al 25%.

Non è la prima  volta che gli U.S.A. applicano dei dazi. Era già accaduto nel corso della prima amministrazione Trump e poi con J. Biden. Mai – tuttavia – a questo livello. I mercati hanno bruciato in un giorno 2.500 miliardi e qualora si dovesse aprire una spirale negativa si avrebbe la percezione della profondità dell’errore.

Si apra una seria trattativa come la cooperazione internazionale suggerisce.

 

ANDREA G. STORTI

GUERRA E PACE: SOPRATTUTTO LA PRIMA

GUERRA E PACE: SOPRATTUTTO LA PRIMA

Evidentemente, i venti di guerra che a fatica diminuiscono, come dimostra il processo di pace in UCRAINA  portano con sè un cielo carico di nubi anche su altri versanti. La sommossa recentemente intervenuta in SERBIA, le difficoltà del processo democratico in ROMANIA, qualche instabilità in TURCHIA,  si legano all’incerto procedere del resto d’Europa stretto tra i due principali attori: gli STATI UNITI e la RUSSIA, con la CINA sempre sullo sfondo. Per citare ancora ISRAELE, dove la popolazione comincia, forse, ad averne abbastanza di B. Nethaniau.

Basterebbe questo per renderci inquieti. Ma non è così.

Sempre gli  STATI UNITI, consegnati dai Democratici a Donald Trump, mirano ad una espansione territoriale, chissà,  in Groenlandia -oggi danese- o nel Canada, per emulare l’omologo Vladimir Putin.

Le risultanze parziali dell’ultimo Consiglio d’Europa dimostrano inequivocabilmente come il costante ricorso all’intervento diplomatico possa invece avere positivi effetti. Il ritardo con il quale si arriva a questa determinazione ha nel frattempo prodotto due anni ulteriori di conflitto bellico con migliaia e migliaia di morti.

Ora, la questione del riarmo europeo necessaria non come fine a se stessa ma per il mantenimento della coesistenza pacifica, esclude di dover fronteggiare all’infinito la contrapposizione alla Russia di Vladimir Putin -autentico invasore ed eversore- con l’esclusivo invio di armamenti all’Ucraina.

Ritorna quindi il tema della necessaria cessione di sovranità dei singoli Stati aderenti all’U.E., condizione prima per la riuscita di qualsiasi processo o efficace intervento comune. Siamo comunque ancora indietro se la questione è ridotta agli apporti finanziari richiesti a ciascuno Stato ed alle modalità attraverso le quali si abbia accesso a finanziamenti UE. In questo senso la posizione dell’Italia può definirsi positiva.

Non altrettanto la polemica innestata dalla Presidente del Consiglio Meloni come manovra diversiva attorno ai contenuti del “Manifesto di Ventotene”, ritenuto a ragione – per chi scrive – pietra miliare della moderna Europa.

La  lettura di una o più espressioni che non tenga conto del contesto  storico cui ci si riferisce, come si è rivelata quella della Presidente Meloni, non ha valore alcuno, come non lo hanno le isteriche reazioni di certa sinistra.

Abbiamo sempre un modo originale con il quale distinguerci.

ANDREA G. STORTI

UNA PACE INTRISA DI TERRORE ovvero “una rondine non fa primavera”

UNA PACE INTRISA DI TERRORE ovvero “una rondine non fa primavera”

Le ultime vicende internazionali inducono a ritenere che si stia toccando il fondo.

Il conflitto bellico Russia-Ucraina è comunque, con ogni probabilità, vicino all’epilogo.

L’assenza della politica sta portando con sè una parziale rivisitazione dell’ordine mondiale con tre attori principali: gli Stati Uniti, la Cina e la Russia. Niente di più, in una logica esclusivamente suprematista. Questa la lettura che Volodimir Zelensky non ha, evidentemente, ancora compreso dimostrandosi non so se dittatore, certo politicamente incapace. Doveva trattarsi della sottoscrizione di un accordo legato allo sfruttamento di minerali pregiati a parziale restituzione dei fondi americani concessi a suo tempo a Kiev ed esclusivamente investiti, purtroppo, in dotazione di armi. Si è trattato di una angosciante commedia  in diretta planetaria, mai vista prima.

Apriamo, peraltro, una parentesi dedicata a J.D. Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, che si è dimostrato nel corso del suo intervento conclusivo l’arrogante zero politico assoluto che ci auguriamo non possa in futuro tracciare alcun solco della sua esistenza.

Per il momento emerge, ancora una volta, la figura di Vladimir Putin, dittatore ed aggressore sanguinario che ha, oggi,  dalla sua Donald Trump preso in un coacervo di timori in possibile versione russo-cinese. In questo quadro il paese dell’Ucraina conta zero e non andrà da nessuna parte abbia o meno al suo fianco l’irrilevante Unione Europea, incapace di una posizione significativa.

Tre anni di guerra sono costati migliaia  e migliaia di morti in un crescendo spaventoso la cui prossima fine decreterà la conquista russa di alcune terre ucraine non immensamente ricche, che saranno umanamente cancellate nel tempo. Viene alla mente un marine statunitense morto a 21 anni combattendo  nelle fila dell’esercito ucraino che esemplifica l’inutile forza ucraina nel terrore provocato dalle grandi potenze.

Un Paese aggredito che sognava di entrare nella NATO dovrà accontentarsi di una presenza non certo importante nel contesto internazionale, sottoposto ad una intesa conclusiva – capestro dei peggiori- in un ruolo del tutto marginale senza poter incidere, fors’anche presenziare alla costruzione dei futuri, possibili scenari. Le luci della ribalta sono e saranno di altri e lo si sapeva.

E la bandierina italiana? Persa nel fumo di questo conflitto che lascia una scia di terrore ammantato di pace.

ANDREA G. STORTI