da Andrea G. Storti | Democrazia, Documenti, Elezioni, Europa, Evidenza
Sessantasei (66) per cento di affluenza alle urne nel primo turno: soltanto nel 1993 e nel 1997 si era registrato un livello maggiore.
E’ la dimostrazione palese che quando la posta politica in gioco è elevata i cittadini rispondono. Nel caso transalpino l’elezione dell’Assemblea Legislativa è stata vissuta piuttosto intensamente. L’articolato sistema elettorale francese prevede per questo tipo di elezione un uninominale maggioritario a doppio turno. Pertanto, non necessariamente il partito che ha ottenuto più voti al primo turno avrà un peso corrispettivo nella futura Assemblea. Dei 577 seggi, dai 240 ai 270 andranno al RN di Marine Le Pen e Jordan Bardella accreditati in proiezione del 33,5 per cento. La sinistra di NFP si ferma al 28,5 (108 – 200 seggi); il partito dell’attuale Presidente -EN- al 22,1 (60 – 90 seggi). Percentuali minori per LES REPUBBLICANS (Gollisti) e per l’estrema destra.
Questa dinamica risente della forza dei candidati locali e delle coalizioni che si formano nei vari distretti. In teoria ciò apre la strada ad accordi “di desistenza” che possono succedere numerosi a danno, come sin qui sempre accaduto, dei partiti più estremisti.
E’ possibile che si verifichi una “coabitazione”, cioè un futuro governo di destra mentre il Presidente della Repubblica – che ha già chiarito che, nel caso, non si dimetterà – espressione di una realtà politica diversa.
Accadde anche nel passato recente ma allora i protagonisti si chiamavano, da un lato – Francois Mitterand, Presidente della Repubblica e Jacques Chirac capo del governo. Figure di tutt’altra caratura politica, pur in tempi oggettivamente diversi dall’attuale condizione.
Sulla carta l’unione -obtorto collo- della coalizione di sinistra con “EN MARCHE” di Emmanuel Macron potrebbe raggiungere il 50,6 per cento dei suffragi, relegando la possibile coalizione di destra (RASSEMBLEMENT NATIONAL e LES REPUBBLICANS) al 43,9 per cento, pur se, questa seconda unione non è stata ancora annunciata e potrebbe esserlo nell’immediato futuro. Rimarrebbe fuori soltanto la destra estrema accreditata dello 0,7 per cento.
Questo, tuttavia, nella pienezza degli accordi.
Ce la farà un ipotetico “fronte dei democratici”?
ANDREA G. STORTI
da Andrea G. Storti | Democrazia, Elezioni, Evidenza, Italia
Apprendiamo con sconcerto che l’esito dei ballottaggi alle amministrative 2024 non è affatto piaciuto al Presidente del Senato della Repubblica in carica. Egli invoca una riflessione circa l’elevato astensionismo registrato alle elezioni appena trascorse.
Tuttavia, per quanto concerne la competizione amministrativa occorre dire che storicamente si tratta del modello elettorale che più ha -sin qui- dimostrato di funzionare.
Nei 112 capoluoghi di provincia le amministrazioni governate da una coalizione di centro destra erano 52 nel 2019; oggi sono 40. Viceversa le coalizioni di centro sinistra passano, nello stesso periodo considerato, da 42 a 57. Sostanzialmente stabile il numero di capoluoghi guidati da liste civiche o di altra tipologia non riconducibile al bipolarismo, comunque ora più forte.
Le prossime elezioni previste in alcune Regioni forniranno un quadro ancora più chiaro. In quest’ultimo caso peserà certamente la deplorevole ed incresciosa vicenda del presidente della Regione Liguria.
Pare peraltro evidente che la prima e più importante causa del fenomeno dell’astensione dal voto -seriamente preoccupante- è costituita dall’impresentabilità di quella che anni addietro veniva definita con il termine dispregiativo di partitocrazia, giunta ormai all’epilogo.
Non può certamente essere uno dei rappresentanti che ha costituito il partito oggi di maggioranza relativa -“FRATELLI D’ITALIA”-, pur se Presidente del Senato, ergersi a baluardo di questo sfascio ormai poco tollerabile.
Infatti, il cittadino che ancora si reca alle urne lo fa in ragione della conoscenza -diretta o meno- del candidato amministratore, che sta alla base della scelta di ballottaggio.
Pertanto, non sussiste alcuna valida ragione che porti all’eliminazione di questa importante prerogativa, per se essa può dare origine a delle incongruenze nel passaggio dal primo turno alla scelta definitiva tra i due candidati che ottengono il maggior numero di voti, situazione – questa – che va affrontata, senza cancellare l’impianto attuale.
Le priorità che sussistono sono altre.
Una legge elettorale che supporta la composizione dei due rami del Parlamento non esclusivamente poggiata sul c.d. premierato priva, com’è oggi, di un indispensabile equilibrio con gli altri poteri dello Stato.
Una reale attenzione allo sviluppo economico del Paese attualmente caratterizzato da una forbice sempre più ampia tra i pochi detentori di ricchezza ed i sempre più numerosi presenti sulla soglia della povertà certificata.
Un modello di welfare che deve, per forza di cose essere vagliato non con finta attenzione, ma ridisegnato.
Una consapevolezza dell’importanza dell’ambiente non episodica. e frammentata.
Una cultura intesa non come possesso di nozioni, ma come comprensione del percorso esistenziale e delle relazioni che esso genera.
Potremmo andare avanti a lungo ma, per carità cristiana, pensando alla caratura della nostra odierna compagine governativa, ci fermiamo qui. La nostra Presidente del Consiglio – confidiamo – acconsenta.
ANDREA G. STORTI
da Andrea G. Storti | Democrazia, Elezioni, Europa, Evidenza, Italia
Nel commentare l’esito delle elezioni europee 2024, il primo, purtroppo, evidente dato è la scarsa affluenza registrata, attestatasi al 40.86 % degli aventi diritto. Questo significa che un elettore su due non vota e, pertanto si è vicini al punto di non ritorno.
Già in precedenza in un articolo del 18 Febbraio, all’indomani delle elezioni amministrative in Lombardia e Lazio segnalammo come una sostanziale carenza di proposta politica potesse allontanare sempre più elettori dalle urne. Ora, questa condizione si ripresenta in un modello di elezione ben più importante ed in una fase cruciale internazionale caratterizzata da un sommarsi di eventi negativi, dai quali -pare- non si intravvede via d’uscita.
Pesa l’assoluta fragilità delle istituzioni europee così come oggi si presentano. La loro architettura ibrida non favorisce una politica di ampio respiro come, invece, sarebbe assolutamente necessario, a partire dalla costruzione di una strategia di difesa comune come inoltre da un disegno di politica fiscale relativa ai Paesi aderenti la UE nel loro insieme.
Siamo, su questo ed altri terreni terribilmente indietro, mentre si allarga la forbice tra la nuova rappresentanza del Parlamento Europeo e quella del Consiglio d’Europa molto diverse, a seguito dell’esito di queste ultime elezioni.
Nel primo caso si andrà- con tutta probabilità- a costituire ancora una volta una maggioranza politica formata dal PPE, dal GRUPPO SOCIALISTA e da quello LIBERALDEMOCRATICO.
Per il Consiglio d’Europa la prevalenza dei Paesi a blocco conservatore è stata elettoralmente sancita in maniera inequivocabile da un deciso avanzamento dei “populisti” o -peggio dell’estrema destra. Si potrebbe, pertanto, presentare una sorta di coabitazione obbligata tra le due realtà.
Del resto il pesante insuccesso alle ultime elezioni continentali del Partito RENEW guidato da EMMANUEL MACRON a seguito del quale il presidente francese ha sciolto l’Assemblea Legislativa, dimostrando da un lato un grande rispetto delle istituzioni e della volontà popolare, dall’altro di tentare la ricomposizione dei cocci dell’opposizione a MARINE LE PEN, operazione molto difficile, equivalente ad un triplo salto mortale di tipo politico, determinerà il nuovo assetto transalpino.
Intanto una parte degli italiani gonfia il petto in quanto espressione di una solidità governativa mai in precedenza dimostrata.
Basterà?
In realtà ci stiamo avvicinando a grandi passi al modello politico americano dove – alle elezioni presidenziali o congressuali che siano – vota, mediamente il 30 % della popolazione con qualche effimera eccezione.
ANDREA G. STORTI
da Andrea G. Storti | Democrazia, Documenti, Elezioni, Europa, Italia
Il primo numero del “MONDO” usci in edicola il 19 Febbraio 1949 al costo di 80 Lire con 16 pagine. L’articolo di fondo -anonimo- era dedicato alla politica di Stalin con toni assolutamente critici. L’altro articolo a firma Carlo Sforza, allora Ministro degli Esteri, era dedicato all’Europa. Firme, argomenti, linea politica e culturale erano nettamente indicati fin dall’inizio. Nei numeri successivi l’area dei collaboratori continuò ad estendersi. Affiancarono Mario Pannunzio, nel corso del tempo, Ernesto Rossi, Eugenio Scalfari, Niccolò Carandini, Guido Olivetti, Ivanoe Bonomi, Gaetano Salvemini, Vittorio Gorresio, Luigi Einaudi. Altiero Spinelli. Ugo La Malfa, Guido Carli, Cesare Zappulli, Bruno Visentini, Alberto Ronchey per citare i più conosciuti, poichè nominare tutti sarebbe impresa impossibile.
Nell’oscura estate del 1964 prese corpo il golpe strisciante di De Lorenzo, fino al periodo delle stragi misteriose del 1969 e seguenti, delle trame – mai interrotte – dei Servizi Segreti, al golpismo “nero” di Borghese e della “Rosa dei Venti”, agli anni di piombo delle BR, di Prima Linea e di Autonomia, fino a giungere alla loggia P2 di LICIO GELLI . Ora, l’inizio di queste trame coincide, pur non essendone minimamente una derivazione, con l’avvento del PSI al governo del Paese in coabitazione con la Democrazia Cristiana e l’Italia è stata terreno di coltura dei poteri occulti, paralleli, e criminali, contro le istituzioni repubblicane.
Questi “esperimenti” tesi a rovesciare la democrazia italiana ebbero, negli anni sessanta, come punta d’iceberg il c.d. “Piano Solo” del Comandante dei Carabinieri, successivamente seguito dalla strage di Piazza Fontana che aprì la strada a quello che – di fatto- è stato il tentato golpe “inconsapevole” di Mariano Rumor e Giuseppe Saragat, rispettivamente per un pessimo periodo di quella storia repubblicana, Presidente del Consiglio dei Ministri il primo, della Repubblica, il secondo.
Siamo andati con la memoria a quegli avvenimenti che hanno attraversato vent’anni di vita italiana e che costituiscono una delle chiavi di lettura della nostra storia contemporanea per comprendere appieno il significato attuale di una necessaria politica europea che superi le piccole patrie, a suo tempo puntualmente evocate – in negativo – da Marco Pannella.
La frattura intervenuta all’interno della redazione del “MONDO” nella seconda metà degli anni sessanta e che portò dapprima un significativo numero di intellettuali all’impegno diretto nelle principali Amministrazioni Comunali dell’area del Nord Italia (significativo tuttavia il caso di Elio Vittorini che rinunciò al suo mandato per favorire l’ulteriore presenza di un esponente del PSI) non consentì di superare l’angoscioso dilemma tra gruppo di pressione critica a carattere intellettuale e la forma partito,. Ciò determinò sostanzialmente la la fine dell’esperienza di Mario Pannunzio e del suo giornale.
I terzaforzisti del “Mondo” considerarono a lungo i comunisti come una forza estranea ed alternativa al sistema democratico e la D.C. poco meno che una banda occupante il potere in nome e per conto del Papato almeno sino al 1948, con il successivo, storico passaggio a posizioni di un riformismo economico e sociale, ancora oggi traguardo non pienamente raggiunto.
La sinistra liberale, staccatasi dal partito originario (PLI) aveva dato vita al Partito Radicale e si avviava ad un accordo con i socialisti. e, -marginalmente – con i Repubblicani.
La prima tratta era – dunque- compiuta.
Ora, a ridosso delle elezioni europee del 2024 si pone lo stesso dilemma, pur in condizioni storiche molto diverse e dopo che la politica ha perduto la sua caratteristica di motore dei mutamenti sociali, con un sistema dei partiti – intesi tradizionalmente – superato. Tuttavia i dispersi, al di fuori degli schieramenti delle coalizioni di centro destra e centrosinistra – al netto della ancora “confusa” e scarsamente tollerata presenza dei timidi seguaci di quella che è stata l’esperienza originaria del M5S, hanno il dovere di rialzare la testa, evitando anche il più piccolo dei personalismi, nessuno escluso.
ANDREA G. STORTI
da Andrea G. Storti | Democrazia, Documenti, Elezioni, Europa, Evidenza, Italia, Programma
Condividiamo con piacere questo “endorsement” giunto in questi giorni da Andrea Storti (www.democraziaedeuropa.it).
Grazie per le parole di supporto!
Con una eccezione, diamo all’attività un taglio locale.
“Valdagno è uno dei centri più importanti della provincia di Vicenza. Città piuttosto strana, che lamenta una scarsa attenzione rivolta ai giovani e dove questi ultimi non sono interessati all’impegno”.
(Ipsos per “Italia Innovation” – aprile 2024)
Ma, quando si impegnano, vengono ignorati o, peggio, presi in giro come accaduto in tempi recenti.
Cambia davvero!!!
Lista civica Valle Agno attiva, giovane, verde
Andrea G. Storti
www.democraziaedeuropa.it
da Andrea G. Storti | Democrazia, Documenti, Elezioni, Europa, Evidenza, Italia
E’ di queste ore la terrificante escalation della guerra in M.O., provocata dall’Iran.
Segnalando un apparente controsenso, verrebbe da dire come la risorsa estrema del populismo possa essere rappresentata dal fondamentalismo. Il problema è -ovviamente- più complesso, ma la politica può trovarsi nella condizione di difendersi da se stessa. Quanto accade è la conseguenza di una serie negativa di eventi la cui portata si ripercuoterà ancora a lungo, ma l’avvicinamento tra Israele ed i Paesi Arabi induce a ritenere possibile un nuova era per quei territori.
L’Europa, -intesa come unione- può ancora esercitare un ruolo nell’alveo internazionale o sarà ancora una volta relegata a testimone marginale di eventi più grandi della sua aggregazione? La costruzione del nuovo patto economico di stabilità – faticosamente raggiunta – sembra indicare una propensione per la seconda parte del quesito.
Se cioè non si appronta in termini relativamente brevi una sorta di rifondazione europea che prenda le mosse proprio dalle questioni in essere collegate allo sviluppo economico, pare difficile pensare ad un futuro carico di elementi positivi.
I principali conflitti bellici in atto costituiscono in questo senso un pericoloso passo indietro e rendono necessaria prima di tutto una politica di difesa comune a tutti gli Stati dell’odierna Unione Europea. Il tentativo russo in UCRAINA di riportare a ritroso la storia lo impone.
Inoltre il cammino di un percorso verso la democrazia della Repubblica dell’Iran, oggi dittatura islamica, appare più che mai lontano, anche se i movimenti interni a quella nazione segnalano che il regime degli ayatollah è in una qualche difficoltà, mascherata da una dura ed incivile repressione. Quanto accaduto lo scorso 7 0ttobre con l’inizio dell’offensiva di HAMAS in territorio medio orientale ha segnato non soltanto l’apertura dell’attuale, ulteriore nuova guerra cui l’unica risposta possibile risiede nella capacità diplomatica.
L’approccio europeo su vasta scala dovrà per forza di cose risultare diverso dall’attuale insignificante melina sui rapporti tra Nazioni che tanto nuoce all’edificazione di una nuova pace.
BUON 25 APRILE!
ANDREA G. STORTI